Cultura e folklore
Pio Rajna e Gaston Paris: la ricerca della Sibilla
Le prime indagini tra ’800 e ‘900 da parte dei filologi Pio Rajna e Gaston Paris, esperti di epica cavalleresca
Con il contributo di Maria Luciana Buseghin, autrice de “L’ultima Sibilla”
Cover foto di Marco Santinelli
Molte sono le leggende che aleggiano su queste Montagne Magiche.
La Sibilla, che è da sempre al centro dell’attenzione di appassionati, studiosi e “uomini di scienza”, è forse la più importante di queste leggende ed ha origine proprio qui, nel cuore dei Monti Sibillini.
A partire dalla fine dell’800 la ricerca scientifica nelle varie discipline e il rinnovato interesse romantico per miti e leggende pagane, riportò in auge la ricerca del Mito. Sono giunti qui studiosi di ogni tipo, attratti dalle leggende evocate nei racconti popolari, tramandati oralmente o nei libri e romanzi storici come il Guerrin Meschino di Andrea Da Barberino, alla scoperta dei luoghi enigmatici e misteriosi, teatro di questi miti, per scoprire se esiste una “verità” alla base di queste leggende.
Nel 1871 Alfred von Reumont, diplomatico prussiano in terra italiana, aveva tenuto in Firenze una conferenza dal titolo Il Monte di Venere in Italia, nella quale egli segnalava come tra gli Appennini fosse presente un «cosiddetto monte della Sibilla» e anche un lago «di Pilato», del quale il popolo narrava «non aver fondo, ma di dar adito al mondo sotterraneo».
Nel 1897 sono gli intellettuali Gaston Paris e Pio Rajna, due filologi di indiscussa fama, dopo un’escursione alla grotta della Sibilla, ad aprire il dibattito culturale, che si protrarrà, fra pubblicazioni e convegni, sempre più arricchito di dati scientifici, fino ai giorni nostri.
Gaston Paris – allievo di Friedrich Diez iniziatore della moderna ricerca linguistica – è considerato il primo filologo moderno cui si devono le metodologie della ricerca storico filologica contemporanea. Sul tema sibillino scrisse due saggi – Le Paradis de la Reyne Sibylle e La légende du Tannhäuser – pubblicati entrambi in «Revue de Paris», il primo il 15 dicembre 1897 e il secondo il 15 marzo 1897.
Nel saggio “Le Paradis de la Reyne Sibylle” il Paris scrive:
“Sono ben trent’anni che, avendo letto il libro d’Antoine De la Sale, sono stato colpito dalla rassomiglianza che presenta l’avventura del suo cavaliere con quella della leggenda, in Germania, attribuita a Tannhäuser. Mi ero ripromesso sin d’allora di andare a visitare la grotta misteriosa […]. Volevo soprattutto sapere se restava nella memoria della gente dei dintorni qualche vestigia delle antiche credenze, se la Sibilla esercitava ancora sugli animi la sua fascinazione mista di terrore e di desiderio”.
Riuscì a realizzare il suo progetto nel giugno 1897 insieme al suo amico Pio Rajna, filologo di Firenze, considerato il fondatore della filologia romanza, e uno dei più strenui ricercatori della Sibilla a cui continuò ad interessarsi appassionatamente fino alla fino alla fine della sua vita.
In una lettera del 13 gennaio 1897, Pio Rajna scrive al suo amico Gaston Paris:
“Il Guerrino ha messo radici; una fontana è detta “la sorgente del Meschino”, e si mostrano i ruderi del romitorio dove l’eroe fu ammaestrato intorno al modo di liberarsi dagli incantesimi della Sibilla […]. Bisognerà dunque proprio andare a vedere e sentire; ed io spero che 2200 metri di altezza non vi faranno paura: Metto di tutto cuore a vostra disposizione la mia vecchia esperienza alpinistica. Che bella cosa un viaggetto con voi per luoghi non battuti! Non vi riuscì di scendere in traccia di Artù nel cratere dell’Etna: la Sibilla saprà compensarvi”.
In realtà quel giugno del 1897, Gaston Paris arrivò fino a Castelluccio, ma a causa del vento ghiacciato e nebbie, lui e la moglie dovettero rimanere al paese, mentre l’amico Pio Rajna, tentava la salita.
Il coraggioso Rajna, esperto di alpinismo ma seppur nuovo dei Sibillini, incurante della fitta nebbia che avvolgeva la montagna e contro il parere dei locali – che si erano rifiutati di dare cavalcature e uomini di sussidio per tutti – nonostante le incertezze, si risolse a partire alle 6 seguendo il crinale, accompagnato da un unico vigoroso montanaro. Era freddo intenso e nubi o nebbia avvolgevano i monti, racconta rajna che ammette: «soltanto per me la gita appariva eseguibile…». raggiunto Palazzo Borghese, la nebbia s’infittì e i due continuarono a camminare a tentoni fino a riconoscere la «“scalinata”: certi gradini naturali di pietra rossastra che sottostanno dal lato sud-ovest alla vetta estrema della sibilla.». «Dopo un’ora forse di fermata e di osservazioni, dissi addio alla Sibilla» continua Rajna, insoddisfatto dell’esplorazione che non dette nessun risultato conclusivo.
Ma, dato che «Questa prima visita alla sibilla era stata suscitatrice ben più che appagatrice di desideri e di curiosità» decise di tornarci quanto prima dal versante adriatico per seguitare le ricerche. Paris invece abbandonò, dopo questa prima missione non riuscita, il progetto di visitare la grotta misteriosa che lo aveva fatto venire da così lontano mentre Rajna, vi tornò in agosto, svolgendo una vera e propria ricerca sul campo per verificare il racconto di Antoine De la Sale relativo alla salita del 18 maggio 1420, i cui risultati riportò dettagliatamente, all’amico Paris.
Volle fare la stessa strada del precettore e cortigiano francese e salì dunque da Montemonaco – percorso che risultò assai più comodo e breve – portando in tasca una cartolina dell’amico parigino consegnatagli la notte prima della partenza che avvenne alle 2 dopo mezzanotte con una luna piena che illuminava la via: «siete stato voi pure alla Sibilla» scrive Rajna a Paris il 13 agosto 1897 da Montemonaco, «…lo scritto vostro ha potuto esser letto propriamente nella grotta fatata», e sottolinea che «se avessi conosciuto prima Montemonaco e le strade che di qui mettono alla sibilla, quassù di certo vi avrei condotto. in tre ore e mezzo si arriva alla meta».
La situazione, però, era ormai da secoli compromessa a causa di eventi naturali tra cui il catastrofico terremoto del 1328 che sconvolse l’intero Appennino, e che pare abbia causato anche il crollo dell’entrata della grotta, così, nel luglio 1898 Rajna fece il suo terzo viaggio ai Monti Sibillini in occasione del quale effettuò due salite alla Grotta.
Questo è l’anno dei primi veri e propri “scavi” di cui siamo a conoscenza: furono realizzati proprio dal filologo e letterato Pio Rajna, insieme all’ingegnere Michele Amari e di cui scrive dettagliatamente al Paris il 29 luglio da Montemonaco:
“Caro amico, come vedete, il disegno di una nuova visita alla sibilla è stato eseguito. Subito l’indomani dell’arrivo io e il giovane amari, che, come credo di avervi detto, è ingegnere, si salì con due operai alla Grotta; e il numero dei lavoratori fu raddoppiato l’indomani. s’è scavato parecchio, arrivando alla profondità di due metri circa; e pare che si sia messo allo scoperto l’imboccatura del proseguimento; ma tutto è ingombro di materiale grosso e minuto, e per condurre a termine l’impresa bisognerà sgombrare molta roba, compreso quell’enorme macigno che subito mi colpì l’anno passato; e questo non è cosa da potersi far ora, essendoci necessità, se non si vuol perdere troppo tempo, di ricorrere a mezzi meccanici. allora s’avrà modo di riportare il suolo della Grotta al suo antico livello: più
basso dell’attuale di circa un metro e mezzo; e dovranno così ritornare alla luce – se, come credo, esistevano davvero e non devono l’origine a qualche errore – i sedili di pietra intagliati nel masso attorno alla Grotta, di cui parla Antoine de la Sale. Se ci si riporta al suolo originario, risponde bene per l’altezza al “pertuis” l’apertura che s’ha nella Grotta dirimpetto all’entrata. non risponde punto per forma; ma la colpa principale è dei lavori eseguiti nove anni fa per opera del club alpino”.
I lavori di scavo realizzati alla Grotta nell’estate 1898, permisero al Rajna di raccogliere elementi significativi per ipotizzare l’esistenza di un santuario d’età preistorica e quindi di un culto di sommità che avrebbe costituito, secondo Rajna, il tronco vetusto dalle radici antichissime su cui si sarebbe innestata la leggenda sibillina specifica di Montemonaco.
Rajna interpretava i sedili circolari visti all’ingresso della grotta come chiari segni di un rituale Preistorico legato a un culto di un’antica dea, la Dea Madre, all’origine della frequentazione della grotta, simile a quelli diffusi nell’area mediterranea, anche nella Sardegna nuragica scavata da Antonio Taramelli tra 1909 e 1910. Per Rajna, gli scavi dell’archeologo friulano, sovrintendente dei musei e degli scavi in Sardegna, e anche lui senatore del regno, costituirono un’importante conferma.
“Al pari di lei, credo di provenienza celtica ciò che è da chiamare la leggenda. essa venne a innestarsi sopra un ceppo indigeno, a cui non dubito di attribuire antichità preistorica. Quale sia stato determinatamente, io non mi arrischio a congetturare, contentandomi della fiducia che luce possa venire dagli scavi”.
Pio Rajna era anche lui un uomo dei Sibillini, il primo vero esploratore della Grotta.
Di lui Fernand Desonay, altro accademico belga, appassionato della Sibilla, quando morì nel 1931 scrisse:
“Al nostro compianto Rajna, gran signore delle lettere romanze, solerte, perito, benevolo, studioso appassionato, e che, nei regni oltramondani, al banchetto degli Dei e delle sibille, conosce ora il segreto della caverna del Guerrino e del tannhäuser – il segreto che noi, poveri mortali, ci sforziamo di strappare alla “corona” misteriosa…”.
Quello che più ci colpisce di questa storia è la passione profonda e istintiva che questi uomini, accademici, letterati avevano nei confronti della ricerca della Sibilla. Che cosa c’è in questi luoghi da smuovere personaggi da tutta Europa a voler scavare per scoprire la verità? Che cosa credete si celi sotto i cumuli di pietre che ora troviamo sul Monte Sibilla? Scriveteci e mandateci le vostre foto sul Monte SIbilla a info@magicmountains.it