Miti e Leggende
Andrea da Barberino e il bestseller medievale
Lo scrittore del Guerrino Meschino è stato probabilmente tra i primi autori di un vero e proprio bestseller. Scopri la sua storia e cosa ha reso la sua opera un lavoro così straordinario.
Andrea da Barberino, al secolo Andrea Mengabotti o Andrea de’ Mengabotti, nacque intorno al 1371 da Jacopo di Tieni de’ Magnabotti o Mangiabotti. Della sua vita sappiamo poco, sono scarse e limitate le informazione arrivate fino a noi, sappiamo che la famiglia era originaria di Barberino Val d’Elsa, ma non è noto se fosse nato qui o a Firenze, dove certamente visse e lavorò. A Firenze abitò in via della Pergola ed era anche proprietario di alcuni terreni nel “popolo” dalla Pieve a Settimo, adibiti alle coltivazioni, sia a vigne che a grano. Fu sposato per due volte, come si ricava dalle portate catastali del 1427; la prima con una certa Gostanza, di 26 anni più anziana di lui, e nel 1430 con una donna chiamata Ricca. Non ebbe figli e tutte le sue proprietà furono lasciate all’unico erede, il nipote Andrea di Giovanni di Francesco. Presumibilmente morì nella sua Firenze tra il 1431 e il 1433.
Alla povertà di dati biografici si contrappone però una grande popolarità del da Barberino come maestro di canto, cantastorie e compositore in volgare di romanzi cavallereschi, tra i quali i più noti sono I reali di Francia e soprattutto il Guerrino il Meschino, un vero e proprio bestseller ante litteram.
Cover foto: copertina edizione del Guerin Meschino
Nell’opera Reali di Francia è narrata la storia della stirpe reale francese da Fiovo, figlio dell’imperatore Costantino, fino a Carlo Magno; una vicenda storica insomma, ma arricchita da numerosi elementi leggendari. Nel Guerrino il Meschino invece sono raccontate le eroiche prove di Guerrino, figlio di Milone, cresciuto ignorando la sua nobile origine. Attraverso avventure meravigliose in paesi misteriosi egli riesce a riprendere possesso di Durazzo, proprietà della sua famiglia, e a liberare dalla prigionia il padre e la madre. Dopo aver portato a termine le guerre contro i Turchi, cacciandoli da tutta la Grecia, Guerrino sposa la sua amata Antinisca. Oltre a Guerrino il Meschino e I reali di Francia, il da Barberino compose anche la Storia di Aiolfo del Barbicone, le Storie nerbonesi, la Storia di Ugone d’Alvernia e l’Aspramonte.
Temi e soggetti delle opere del da Barberino erano molto comuni nei lavori letterari dell’epoca, soprattutto in quelli dei cosiddetti “canterini”, di cui ovviamente anche lui stesso era un rappresentante: si trattava di un’istituzione trecentesca, di cui si ha memoria nelle cronache perugine e che rappresentavano una corporazione stipendiata dai Comuni per allietare col canto le solennità. A loro si deve la realizzazione di una vera e propria biblioteca cavalleresca, un “formulario poetico” come scrive anche Maria Luciana Buseghin nel suo L’Ultima Sibilla, arrivato fino agli autori rinascimentali che ne hanno fatto una preziosa e cospicua risorsa da cui trarre ispirazione e che arrivata anche fino a noi come testimonianza autentica di una tradizione letteraria municipale, familiare, domestica.
Proprio il nostro Andrea sarà anche il passaggio fondamentale nel passaggio dall’epopea francese a quella italiana, non solo nell’assorbimento e nel riadattamento delle tematiche della letteratura francese, ma anche in una maggiore autonomia linguistica a dare nelle sue opere un carattere di italianità. Esemplificativo di tutto questo è sicuramente il lavoro del Guerrin Meschino.
«Fu il più instancabile rifacitore di romanzi cavallereschi che mai sia esistito o sia mai per essere». Pio Rajna, Ricerche intorno a “I Reali di Francia” (1872)
Il Guerrin Meschino rappresenta davvero un fenomeno tanto letterario, quanto culturale. Il tema dell’opera è sostanzialmente il viaggio, il pellegrinaggio del Guerrino alla ricerca delle sue origini, della sua stirpe; insomma Guerrino è un po’ il protagonista delle principali epopee leggendarie della tradizione storico-letteraria occidentale: da Ulisse ad Enea, ma anche Alessandro Magno e Carlo Magno. Il nucleo della narrazione del da Barberino è molto centrato sulla mitologia cavalleresca e soprattutto sul viaggio inteso come ricerca di se stessi, ma non solo. Il viaggio del Guerrino attinge molto dalla cultura geografica delle grandi enciclopedie dei secoli VIII-XIII, sia dalle opere cavalleresche vere e proprie dalla letteratura tre-quattrocentesca, ma anche dai resoconti di viaggio in Terrasanta. Il percorso del Guerrino si muove su due binari, quello geografico e quello spirituale, legati però dalla stessa meta: il suo nome la sua famiglia, il suo destino regale.
Il romanzo del da Barbarino unisce molti e diversi registri narrativi: dal diario di viaggio al bestiario didattico, dal
racconto epico-cavalleresco o elegiaco-amoroso al trattato enciclopedico dei cantari stessi. Un romanzo quindi assolutamente coerente con la mentalità enciclopedica medievale, caratterizzato dalle digressioni geografiche, scientifiche, astrologiche, storico-letterarie ecc. che ne interrompono la trama e connotato da aspetti medievali, umanistici e mercantili quali la cura del particolare toponimico, la fiducia nella virtus, pur condizionata dall’adesione alla morale cristiana; la razionalizzazione del soprannaturale e lo sbeffeggiamento dei culti religiosi estranei al cristianesimo. Un’opera che raccoglie, assemblea e rielabora spunti e strutture letterarie per crearne uno quasi unico e nuovo.
Le vicende editoriali del Guerrino Meschino sono complesse, ma anche davvero fortunate: sono tantissime le versione che vengono riprodotte e che sono attestate attraverso i secoli, contando anche non poche traduzioni in altre lingue. Insomma un vero e proprio successo letterario.
La diffusione del romanzo si deve tanto ai cantori/recitatori di chanson de geste e di romanzi cavallereschi tanto quanto ai mercanti e agli artigiani che si dilettavano di leggere e di copiare i testi manoscritti. Il “passaparola” fu così forte nel Medioevo anche in Umbria e Marche, tanto che in alcuni comuni proibirono addirittura le esibizioni nelle chiese quando si celebravano le funzioni religiose. Un divieto che restò valido davvero a lungo e che (addirittura) nella seconda metà dell’Ottocento questa sorta di proibizionismo rese il Guerrino «il boccone più ghiotto» della «recitazione domenicale della sera[…] la più importante tra tutte quelle della settimana».
Altro elemento fondamentale di questo straordinario processo di assimilazione fu anche la stupefacente corrispondenza tra l’immaginario tradizionale locale, molto ricco, sulla Grotta della sibilla e quanto contenuto nel Guerrin Meschino, in effetti largamente noto fra i pastori e i contadini dell’area sibillina, tant’è che l’impressione è che si sia trattato di ricorrenti
processi di circolazione culturale: la precedente esistenza di un antico culto mantico pre-cristiano, nella grotta, decaduto in epoca successiva – come spesso avvenne – a rituale demonizzato e “proibito”, raccolto poi da viaggiatori e letterati che ne hanno fatto una narrazione culta, infine “ridisceso” attraverso edizioni “popolari”, memorizzato e recuperato nell’immaginario collettivo (quasi un calco riconoscibile) integrandosi con quanto restava della tradizione.
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