I Monti Sibillini tramandano un mondo in cui il sacro era patrimonio delle donne. Profetesse, fate, maghe e sante sono protagoniste assolute in questi luoghi.

Andare ad indagare origine e significato di queste leggende vuol dire anche rileggere il ruolo del femminile nel mito, riscoprire il valore della fantasia e il rispetto della natura nella cultura popolare.

I Monti Sibillini, nell’Appennino centrale in Italia, sono montagne capaci di stupire a primo impatto per la loro bellezza e la particolare conformazione morfologica che vede la concentrazione, in pochi chilometri, di una grande varietà di panorami.

Morbidi paesaggi, caratterizzati da colli ondulati come dune e ampissimi altopiani (simili a quelli del Tibet e della Mongolia), si alternano a cime dolomitiche, strapiombi, gole di grande suggestione e vertigine.

Abitati dall’uomo a partire dal Neolitico, i Sibillini sono stati territorio di confine tra diversi popoli (piceni, etruschi, umbri, latini) e hanno una storia e tradizioni ricche di contaminazioni.

Un luogo la cui cultura è legata indissolubilmente alla presenza della figura mitica della Sibilla che ha affascinato e attratto l’interesse di imperatori, maghi, cavalieri, artisti da tutta Europa.

Oracolo, sciamana, dea o maga, interpretata in vari modi e le cui origini si ritrovano, secondo alcuni antropologi, in epoca antica, la Sibilla è una donna esperta nell’arte divinatoria, che vive con le sue ancelle in una grotta nascosta nel monte “a forma di corona” che prende il suo nome.

Un mito che ha generato numerose leggende colte e popolari portando nei secoli passati la fama dei Sibillini a quella di “montagne magiche” per antonomasia e alla formazione di una vera e propria “cultura del fantastico” locale.

Tutto il territorio Sibillino era considerato un luogo favoloso. Popolato da creature fiabesche come i Folletti “mazzamurelli” o le Fate, che intrecciano i crini dei cavalli nei racconti delle anziane locali.

Caratterizzato da luoghi iconici come il Lago di Pilato, frequentato da maghi e negromanti che vi andavano ad immergere il loro “libro del comando” (tra cui Cecco D’Ascoli e Merlino) o le suggestive Gole dell’Infernaccio.

Tra l’alto medioevo e il rinascimento i Sibillini hanno visto pellegrinaggi di cavalieri stranieri e suscitato la curiosità nelle corti grazie all’ambientazione di celebri romanzi cavallereschi come “Il Paradiso della Regina Sibilla” di Antoine de La Salle (1420) o de “il Guerrin Meschino” di Andrea da Barberino (1410) vero e proprio “best-seller” del genere.

Questi eroici racconti hanno dato origine ad un’attrazione febbrile, mantenuta viva anche in tempi recenti con le ricerche archeologiche della Grotta della Sibilla ripetute più volte senza successo a partire da fine ottocento e testimoniata dai primi studi antropologici fatti in Italia negli anni ‘50, sulle affascinanti e peculiari tradizioni “magiche” locali.

“ECCELLENTISSIMA E POTENTISSIMA PRINCIPESSA... POICHÉ OGNI PROMESSA DEVE LEALMENTE ADEMPIERSI VI INVIO MIA REVERENTISSIMA SIGNORA , IN ISCRITTO E FIGURA I MONTI DEL LAGO DI PILATO E DELLA SIBILLA”

Antoine de La Sale